Alla Scoperta del Vallo Sotterraneo

Da Pertosa a Monte San Giacomo, un itinerario tra natura e archeologia, volto a conoscere le grotte del Vallo di Diano, visitando i relativi centri storici.

Gli anfratti che si aprono nelle viscere della terra sono stati spesso associati agli inferi, ove i poeti e scrittori di differenti epoche hanno ambientato viaggi immaginari, dimostrando che il sogno dell'uomo è stato sempre quello di visitare il mondo dei morti, facendo però ritorno a quello dei vivi.
Esplorare le profondità di una grotta, cercando di carpire i segreti oscuri della terra, sembra un pò realizzare questo sogno atavico. Il fascino delle grotte è legato anche all'insieme eccezionale di elementi di interesse speleologico, mineralogico ed in alcuni casi archeologico, che ne fanno una ricca miniera da scoprire.
Il Vallo di Diano, data la natura calcarea dei monti circostanti, è un territorio caratterizzato da un'intensa attività carsica - paragonabile a quella del Carso triestino - con piani periodicamente inondati, fiumi sotterranei e numerose grotte, frutto del lento ma incessante lavorio dell'acqua che si insinua tra le rocce.
Il fenomeno carsico ha suscitato nei secoli profondo interesse ma anche. Aristotele cercò di spiegarlo con una curiosa teoria idrologica, secondo la quale le grandi caverne sotterranee fungerebbero da capienti distillerie, trasformando l'aria, ivi compressa dalla terra, in acqua filtrata goccia a goccia dalle stalattiti.

Nel Medioevo l'immaginario collettivo credeva le caverne abitate da streghe, fate, gnomi. Solo con il tempo si capì che questi vasti reticoli sotterranei, scavati per lo più in rocce carbonatiche, costituite da sali solubili in acqua, sono il risultato delle acque piovane e di scorrimento, che operano da solventi, aprendo fessure e varchi e creando nel corso del tempo un incredibile repertorio di grotte ed abissi.
Questi anfratti furono scelti come riparo dalle popolazioni preistoriche e proprio qui si trovano le testimonianze più antiche della storia del Valo di Diano. Recenti indagini archeologiche condotte nella grotta di Vallicelli - presso Monte S. Giacomo - hanno individuato, al di sotto di livelli più tardi di frequentazione, un deposito riferibile al Paleolitico medio.
Ma è con il Neolitico e soprattutto l'Eneolitico, che iniziano a trovarsi tracce di frequentazione all'interno delle Grotte di Pertosa, di Polla e nella Grotta del Pino a Sassano. Le testimonianze preistoriche più cospicue appartengono tuttavia all'età del bronzo inoltrato e provengono, oltre che dalle grotte già menzionate, dall'Inghiottitoio di Varlacarla.
Quest'ultimo e la grotta del Pino furono utilizzati dall'uomo per seppellire i propri morti; mentre la grotta di Polla e forse anche quella di Pertosa, dove sono attestate pratiche cultuali, servirono come ripari per una popolazione legata all'economia pastorale.
Purtroppo non tutti questi anfratti sono visitabili.

Regolarmente aperta al pubblico è la sola Grotta di Pertosa, senz'altro la più grande e spettacolare, l'unica dotata di infrastrutture necessarie per accolgiere flussi turistici. Le Grotte del Pino a Sassano e quelle di Varlacarla e di Vallicelli a Monte San Giacomo sono inserite in due progetti di musealizzazione. In attesa della loro realizzazione, che si spera prossima, si suggerisce per monte s. Giacomo una piacevole passeggiata, che costeggia l'ingresso dei due anfratti ed arriva all'imbocco del sentiero, che sale sul Monte Cervati. Altre grotte sono state inserite in percorsi riservati agli speleologi, che rimangono per ora gli unici possibili fruitori di queste bellezze naturali.  
Fra queste, la Grotta di Polla , dalle sale ricche di concrezioni, , è interessante sia dal punto di vista speleologico che archeologico, essendovi state trovate tracce di frequentazione umana in epoca preistorica.

Altre grotte, privearcheologico, essendovi state trovate tracce di frequentazione umana in epoca preistorica. Altre grotte, prive di concrezioni, ma interessanti per la presenza di corsi d'acqua otterranei, sono la Grotta del Secchio (presso San Pietro al Tanagro) e quella di S. Rufo. Informazioni al riguardo possono essere richieste ai gruppi speleologici del CAI di Napoli o di Salerno. Naturalmente chi si appresta ad entrare in grotta, turista o speleologo che sia, deve farlo in maniera intelligente, nella consapevolezza dell’impatto che la presenza e soprattutto le azioni umane possono provocare su un ecosistema in delicato equilibrio, nel quale basta pochissimo per alterare i parametri fondamentali.