Arte e Storia

La Storia del Vallo di Diano

Attraversando spettacolari boschi secolari oppure la macchia mediterranea del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano,ci si ritrova in una grande vallata ricolma di resti di antiche civiltà,di centri d’arte in cui tutto ci parla di storia:dai ritrovamenti del periodo megalitico a quello greco,dal periodo dell’impero romano ai feudi medievali.Il Vallo di Diano che oggi comprende 15 comuni è stato in passato centro di importanti episodi storici non solo per la sua favorevole posizione geografica,ma soprattutto per il fascino dei colli e dei massicci montuosi di queste terre bagnate dal fiume Tanagro. Nell’età antica il Vallo dopo aver beneficiato degli influssi delle colonie greche,entra successivamente nell’orbita della civiltà italica dei Lucani ed infine viene assoggettata dalla dominazione dell’impero romano.La presenza di queste civiltà, è attestata della grande quantità di materiale ceramico esposto al Museo Archeologico della Lucania presso la Certosa di San Lorenzo a Padula, come anche dagli avanzi architettonici e scultorei di età classica che sono ancora oggi visibili a Teggiano,a Padula,a Polla e ad Atena Lucana.Nel periodo medievale, il Vallo di Diano,acquista un aspetto feudale realizzatosi sotto il dominio dei Sanseverino conti di Marsico e principi di Salerno che determinano anche la fondazione della Certosa di Padula;ma è proprio sotto la giurisdizione di Antonello Sanseverino che si ha prima con la Congiura dei Baroni (1485) e poi con l’assedio di Diano (1497),l’epilogo di questa famiglia.In seguito alla rivoluzione del 1647 e alla peste del 1656 che colpiscono tutto il territorio dell’Italia Meridionale,il Vallo piomba in una forte depressione dalla quale riesce ad uscire soltanto il secolo successivo, grazie al forte progresso apportato dal secolo dei lumi.La situazione politica che caratterizza il periodo che intercorre tra il 1799 e il 1860,vede la vivida partecipazione della popolazione del Vallo che spesso si ritrova schierata su due fronti opposti:quello fedele alla monarchia e quello legato all’ideale dell’unità italiana; invece per il periodo che va dall’unità ad oggi i problemi del Vallo vanno ricondotti alla questione meridionale. Agricoltura,allevamento di bestiame,viva tradizione fatta di feste religiose e pagane, con processioni, balli folkloristici,straordinari monumenti, tutto questo e molto altro rende tale posto un’oasi di cultura e di naturalità,terra di tradizione e di storia,luogo di bellezze suggestive e di grande ospitalità.

 

La popolazione residente dall'unità d'Italia ad oggi
Tratto da "Così lotanani...così vicini" - Comunità Montana Vallo di Diano - Aprile 2007

Un discorso sul popolamento del Vallo di Diano nei secoli antecedenti al nostro, non può non considerare l’insufficienza e la frammentarietà dei dati a disposizione, nonché l’ eterogeneità delle fonti.
Le prime rivelazioni statistiche risalgono al 1532, anno in cui sono censiti 3.172 fuochi, dove per fuoco si intende la casa, l’abitazione, il nucleo familiare infatti, ben 1.223 risultano appartenenti a San Pietro al Tanagro, Sassano, Sant’Arsenio, Teggiano e Monte San Giacomo, non trascurabile è anche il numero dei fuochi di Padula, a cui segue Polla, Montesano S/M e Sala Consilina, mentre Casalbuono è l’unico paese che non supera la soglia dei 100 fuochi.
Le relazioni tra i diversi territori vallivi sono però sporadici per una molteplicità di fattori, quali le difficoltà di comunicazione connesse con la rete stradale, le sfavorevoli condizioni all’intero del Vallo stesso, continuamente soggetto ad inondazioni. 
Dopo questa prima fase di incremento della popolazione, si giunge ad un periodo tutt’altro che prospero, il 1600 dove, a causa della peste del 1656 e del successivo terremoto del 1694, la popolazione residente diminuisce in modo davvero impressionante: i fuochi scendono ad un livello inferiore rispetto al 1532.
L’insieme di queste calamità naturali accentua l’abbandono delle zone più esterne, quelle che maggiormente sono esposte ai pericoli favorendo così, la concentrazione delle popolazione del Vallo presso le residenze dei signorotti locali, sviluppando la dipendenza dal feudatario con una successiva sottomissione legata ad una serie di soprusi e vessazioni a danno del popolo.
Di incremento demografico si può parlare anche tra il 1700 e il 1800, seppur nel corso del XIX secolo non mancano eventi negativi, come la carestia del 1816-1817, il colera del 1837 e del 1854 ed il terremoto del 1857; l’incremento è comunque da attribuire alle riforme che, favorendo il sorgere della media e piccola proprietà, creano i presupposti per l’espansione delle diverse coltivazioni, produzione della vite e dell’olivo, oltre ad intensificare i rapporti commerciali grazie al miglioramento della rete stradale.
Nonostante tutto, l’economia valliva è pur sempre caratterizzata da una forte precarietà e da un settore primario a bassa redditività: infatti le leggi del 1800 limitano l’accentramento della proprietà nelle mani di pochi signori oppure di enti religiosi, favorendo una più equa distribuzione delle aree coltivabili, ma non risolvono i problemi del settore. Tutto ciò contribuisce ad alimentare il malcontento dei contadini che incentivano il fenomeno dell’emigrazione di massa.
E’ dall’inizio del 1900 che la popolazione registra una forte flessione, dovuta appunto ai numerosi espatri, correnti migratorie che si dirigono verso gli Stati Uniti, Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay.
A tal riguardo è necessario fare un passo indietro, verso la seconda metà del secolo scorso, quando molti sono gli abitanti del Vallo di Diano che lasciano il paese di origine per raggiungere un luogo in cui poter anelare ad un futuro migliore per sé e per i figli: un mezzo per dare un calcio alla povertà che affligge l’animo di poveri lavoratori. I primi espatri si verificano subito dopo il terribile terremoto del 1857 anche se il vero e proprio esodo ha inizio con l’unificazione italiana: infatti dal 1861 al 1911 con il perdurare della depressione economica , l’emigrazione riprende con maggiore intensità. I paesi maggiormente colpiti da tale decremento demografico sono Padula, San Pietro al Tanagro, Buonabitacolo, San Rufo e Polla, con una punta massima raggiunta nel 1887 in cui i centri maggiormente interessati da tale fenomeno sono Sala Consilina, Atena Lucana, Polla, Padula e Montesano sulla Marcellana. 
Il primo conflitto mondiale interrompe il flusso migratorio così da incrementare una graduale crescita, dovuta alle più disparate motivazioni: le limitazioni imposte dal fascismo all’emigrazione, l’introduzione dei contratti agrari e di migliori tecniche agricole, la sistemazione della rete stradale interna, la costruzione di acquedotti e la riforma di bonifica del fondovalle. Dopo la pausa causata da tale conflitto, nel 1919 il movimento migratorio riprende: diversi sono i motivi sia di carattere politico che sociale tali da colpire il Vallo di Diano come l’intero Mezzogiorno, a seguito dell’unificazione italiana. Causa di tale fenomeno sono anche le norme sancite nelle leggi sulla bonifica varate dai Piemontesi, che non tengono in alcun conto le differenze esistenti tra Nord e Sud, dove ergono condizioni sociali ed economiche diverse, più difficili al Sud e dove grava pesantemente anche il forte tasso di analfabetismo. In ultima sede vi è poi l’incapacità dei meridionali di investire “in loco”, perché mentre al Nord si investe creando nuove industrie e nuove possibilità di occupazione, al Sud cresce sempre di più la disoccupazione, l’usura e la delinquenza. Da ciò si evince chiaramente che l’emigrazione provoca un forte calo della popolazione in tutto il territorio del Vallo di Diano. 
Durante il secondo conflitto mondiale, lo sviluppo demografico subisce un altro arresto, mentre a fine guerra, la popolazione del Vallo di Diano, inizia ad aumentare a ritmi mai visti in precedenza, tanto che nel 1951, l’aumento demografico tocca dei picchi notevoli. Dal 1951 al 1971 si assiste al decremento della popolazione, si parla del secondo grande esodo, un decremento che però non coinvolge tutti i territori del Vallo, ne sono estranei, Sala Consilina e Montesano sulla Marcellana, considerati come unici paesi ad avere i presupposti per un certo sviluppo economico, tale da costituire un freno per le correnti migratorie in atto. Infatti Sala Consilina si afferma, alla fine del ventennio, come località centrale, come centro di attrazione commerciale, seguita da Polla e Teggiano.
Dagli anni Settanta ad oggi, all’interno del territorio vallivo si sono succeduti diversi episodi di carattere politico, sociale ed economico che, pur avendone modificato la struttura e favorito una certa evoluzione, non hanno contribuito a rendere questo comprensorio “un’area forte”, dal punto di vista economico e commerciale, ma continua ad identificarsi come “un’area di fuga”.