La Storia

La Preistoria e la Protostoria

Una serie di recenti indagini archeologiche condotte nella Grotta di Vallicelli presso Monte S. Giacomo ed altre più datate condotte nella Grotta di Polla attestano la presenza dell’uomo nel Vallo di Diano già nel Paleolitico medio e nel Neolitico (Piperno-Pellegrini 2001).
Meglio noti sono tuttavia l’Eneolitico e l’Età del Bronzo, a cui appartengono le tracce di frequentazione nelle Grotte di Pertosa, di Varlacarla presso Monte San Giacomo, del Pino a Sassano e in alcuni insediamenti aperti.
Questi siti, basati su un’economia agro-pastorale crearono una produzione ceramica ed in metallo che trova contrasto sia con quella del territorio di Buccino sia con quella della Piana Pestana nella Piana di Eboli. 

Nell’Età del Ferro la cultura villanoviana, proveniente dall’Etruria, penetrò nella Campania costiera ed anche nel Vallo di Diano, dove diede vita ad un vivace mercato interno e si differenziò dalle aree circostanti, assumendo una fisionomia propria. L’unico sito della prima Età del Ferro sinora conosciuto, grazie al rinvenimento delle sue necropoli, è quello di Sala Consilina che, posto in corrispondenza dell’attuale centro fiorì, dall’inizio del IX sino al V secolo a.C.
Cinerario ad impasto, tomba 25 (Sala Consilina), Lekithosa figure nere tomba 147 (Sala Consilina) Cratere Kantharos tomba 83 (Sala Consilina)     Le tombe delle fasi più antiche trovano una perfetta corrispondenza con il rito funerario villanoviano, raccogliendo le ceneri del defunto in un grande vaso biconico, dotato di un corredo dapprima molto semplice poi sempre più ricco. Più tardi il rito dell’inumazione tornò ad essere preponderante, indicando un riassorbimento degli elementi villanoviani nella cultura locale. Nei corredi si diffuse la ceramica dipinta con il c.d. motivo “a tenda”, molto diffusa anche in aree della attuale Basilicata. 

Con l’Età Arcaica i corredi funebri presenti nella necropoli di Sala Consilina, sono arricchiti dai nuovi influssi provenienti dalla costa, ove si erano stabiliti i Greci, la cui ascendenza divenne predominante nella fase finale della necropoli (seconda metà VI-primi decenni del V secolo).
Modi provenienti dall’ambiente greco sono presenti anche nei corredi funebri degli altri due insediamenti di età arcaica ad Atena Lucana e presso Padula.
Queste fasi storiche come anche le seguenti sono ben attestate nel Museo Archeologico della Lucania Occidentale di Padula e nell’Antiquarium di Sala Consilina.

Tra Tardo Antico e Medioevo
In loc. S. Giovanni in Fonti (Sala Consilina), nel punto in cui l’antica strada Reggio-Capua si intersecava con il diverticolo verso Grumentum e la Val d’Agri, si trovava Marcellianum un sobborgo di Cosilinum, che tra la fine del V e il VI sec. fu sede diocesana, come attestano alcune lettere papali ed i resti di un battistero paleocristiano. 
Marcellianum è ricordato anche da Cassiodoro (Variae VIII, 33) all’inizio del VI sec. per l’importante fiera annuale che richiamava gente e merci dalla Lucania, dall’attuale Calabria, Puglia e Campania ma che dava vita a dei disordini, indice di un mercato locale, che iniziava ad essere stagnante (Burgarella 1982).
All’indomani della caduta dell’Impero Romano, la scomparsa di una struttura amministrativa, che si prendesse cura del territorio, una serie di epidemie e carestie (VI e VII sec. d.C.) ed il susseguirsi delle invasioni i Visigoti nel 410, la conquista bizantina con la conseguente Guerra greco-gotica nel 535-53, i Longobardi tra la fine VI ed il VII sec. determinarono un recesso demografico, un abbandono delle campagne, riconquistate dalla palude, ed un degrado economico e sociale.

Nell’alto Medioevo il Vallo era ormai isolato, mentre gli abitati erano ridotti ai centri in altura di Diano (corruzione medievale di Teggiano), Atena e Sala (toponimo di derivazione germanica che induce a pensare ad uno stanziamento d’origine longobarda).
Nell’849 ebbe termine la lunga lotta interna al dominio longobardo di Benevento, che si era costituito tra la fine del VI e la prima metà del VII sec. ai danni dei Bizantini respinti sulla fascia costiera. Nella nuova divisione in gastaldati, il Vallo ricadde nel territorio della Lucania in mano al principe di Salerno.
Con la riconquista di parte dell’Italia meridionale ad opera di Basilio I nella seconda metà del IX sec, la Valle si trovò a confine tra territori bizantini e longobardi e beneficiò del processo di osmosi tra le due culture, risultando permeabile nel IX-X sec. alla penetrazione dei monaci italo-greci.
Questi in fuga dalla Sicilia e dalla Calabria, invase dai Saraceni, si spinsero verso nord fermandosi in diverse zone della Campania, dove ebbero una funzione ellenizzatrice della società favorendo il ripopolamento e la ripresa agricola.
Le diverse manifestazioni cultuali bizantine ancora riscontrabili a Montesano, Padula, Polla, Sant’Arsenio, Sassano fanno ritenere che questi centri abbiano avuto origine prima della fine dell’anno Mille.
La presenza dei monaci diede anche vita ad una tradizione pittorica bizantina di cui oggi rimangono alcune tracce. 
Tra XI e XII sec. i Normanni riunirono in un solo regno l’Italia meridionale e la Sicilia (1130); importarono nel Sud l’ordinamento feudale e favorirono il diffondersi del monachesimo benedettino, così da avere un controllo capillare del territorio. 

Le donazioni a favore del Monastero di S. Maria di Pertosa, retto da monaci italo-greci, dimostrano che i Normanni ebbero un atteggiamento favorevole anche nei confronti delle fondazioni monastiche di matrice orientale, nell’ottica di un consolidamento del potere nelle aree a presenza grecofona (Alaggio 2004). 
Uno dei primi feudi del Vallo fu quello di Diano - vassallo della Contea di Marsico - assegnato da Ruggero I ai conti Guarna alla fine dell’XI sec. e passato alla fine del XII ai Conti di Sanseverino.
Al feudo si legarono i destini di cinque casali limitrofi: S. Arsenio, Sassano, S. Giacomo (Monte S. Giacomo), S. Rufo e S. Pietro (al Tanagro). Questi casali furono esito come anche Casalnuovo (Casalbuono), della ripresa demografica ed economica di fine XI–XII sec.; molto più tarda fu invece la fondazione di Buonabitacolo ratificata nel 1333.
All’indomani della morte di Guglielmo II, il Regno di Napoli passò agli Svevi (1194) e più tardi agli Angioini (1266-1442), a cui i Sanseverino furono strettamente legati, ottenendo un ruolo sempre più importante nell’amministrazione del Regno ed estendendo il loro dominio all’interno e fuori del Vallo sino ad ottenere in pieno ‘400 da Ferdinando d’Aragona il titolo di Principi di Salerno.
La scelta di Diano come loro residenza, fu determinante per lo sviluppo culturale ed artistico della Valle, che raggiunse sotto questa famiglia livelli senza pari, recependo la cultura figurativa elaborata a Napoli (Abbate 2004). 
Tra i Sanseverino emerse Tommaso II, il cui dominio si aprì durante la Guerra del Vespro (1282-1302), che ebbe proprio nel Vallo uno dei teatri più sanguinosi.    
Tommaso va ricordato per aver ottenuto degli sgravi fiscali preziosi per la ripresa economico-sociale del paese; per aver intrapreso dei lavori di bonifica e per aver commissionato una serie di opere architettoniche notevoli, tra cui la fondazione del monumento più prestigioso della zona: la Certosa di Padula, che venne dotata di vasti possedimenti, posti a coltura dai monaci.
Ne corso del ‘400 una serie di carestie, il peggioramento dell’assetto idrogeologico della valle e le lotte per il potere tra Angioini, Durazzeschi ed Aragonesi determinarono una nuova recessione e provocarono il diffondersi del brigantaggio (Vitolo 1982).

L’Età Moderna
Il ‘500 segnò l’inizio della dominazione spagnola del Regno di Napoli (1503) e la fine della potente famiglia dei Sanseverino in seguito alla congiura perpetrata contro i regnati da Ferrante Sanseverino (1552). La scomparsa di questa grossa famiglia feudale determinò il costituirsi di una miriade di suffeudi ed il susseguirsi di baronie particolari, indice della degenerazione del potere feudale di cui beneficiò la Certosa di Padula, incamerando nei suoi possedimenti la parte meridionale del Vallo di Diano.
La generale crisi del Seicento fu particolarmente acuta nella Valle a causa delle oppressioni feudali e delle continue lotte tra Comuni e tra Comuni e baroni, che arrivarono a sabotare i pur inefficaci progetti di bonifica patrocinati dal governo.
La situazione fu aggravata dalla devastante epidemia di peste del 1656, che decimò la popolazione e dal fisco, che gravava sulle spalle del popolo minuto e dei piccoli proprietari, lasciando illesi il ceto benestante ed il clero.
Nel 1734, dopo il perido spagnolo, il Regno di Napoli riconquistò con Carlo Borbone la sua autonomia e una nuova stabilità politica. Questo garantì una ripresa dei lavori di bonifica, un più razionale sfruttamento del suolo e la costruzione della Regia strada delle Calabrie (Volpe 1985), che permise un rilancio dei commerci, trasformando il Vallo in un punto chiave per collegare Napoli con la Calabria.
Il sensibile incremento demografico portò inoltre ad una espansione degli abitati al di fuori delle mura di cinta medievali.
Sotto il profilo artistico fulcro vitale fu la Certosa di Padula, risultato di una splendida metamorfosi barocca, realizzata tra ‘600 e ‘700 grazie alle grandi disponibilità finanziarie dei Certosini. Il monastero divenne un vero e proprio centro di diffusione delle arti esportando modelli, manodopera ed artisti negli altri centri del Vallo, che furono arricchiti di opere tutt’oggi poco conosciute.
Le riforme del decennio napoleonico - breve parentesi (1806-15) al dominio borbonico – portarono all’eversione della feudalità, all’introduzione di moderne strutture amministrative e giudiziarie ed alla soppressione degli ordini conventuali con conseguente vendita dei beni ecclesiastici.
Tutto ciò contribuì alla rivitalizzazione degli insediamenti mentre andava emergendo una borghesia agraria e professionale come classe dirigente. 
La rottura della borghesia liberale del Vallo di Diano con i Borboni, già apparsa all’orizzonte con la Repubblica Partenopea del 1799, repressa nel sangue, emerse nuovamente con la formazione delle prime Associazioni Carbonare, sfociando nel luglio del 1820 in un’insurrezione a Sala Consilina che reclamava la costituzione.
Nel 1857 la popolazione si dimostrò tuttavia ancora immatura per recepire gli ideali repubblicani portati da Carlo Pisacane, trucidato con i suoi uomini tra Padula e Sanza. La fine dei Borboni fu raggiunta pochi anni dopo nel 1860 ad opera della spedizione garibaldina, quando il Mezzogiorno venne annesso al Regno d’Italia. 
Intanto nel 1850 il Vallo era nuovamente divenuto - dopo Marcellianum – sede vescovile, ospitata a Diano (Teggiano).La fase post-untaria portò a galla nel Mezzogiorno, sopraffatto dalle imposizioni fiscali e dall’accentuato centralismo burocratico piemontese, il profondo malessere economico e sociale della popolazione rurale, che si espresse con l’acutizzarsi del brigantaggio.Una reale prospettiva di liberazione e progresso si presentò alla popolazione solo con l’avvio dell’emigrazione verso le Americhe, che spopolò il Vallo concentrandosi soprattutto tra il 1880 ed il 1914.

Si giunge così alla storia dei nostri giorni, che per questo territorio significò principalmente la bonifica definitiva della valle finalmente trasformata da palude in una fertile distesa coltivata, abitata ed attraversata dall’autostrada Salerno-Reggio Calabria (1968) e dalla linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro. Quest’ultima, realizzata alla fine dell’800, fu dismessa nel 1987, costituendo una grave perdita per Valligiani e turisti, che avrebbero potuto disporre di un “corridoio ecologico” tra il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano ed il Pollino.  
Nonostante alcune oggettive difficoltà, negli ultimi anni il Vallo di Diano è riuscito a dar vita ad iniziative importanti anche nella direzione di una migliore promozione turistica.
A partire dal mirabile restauro della Certosa di Padula negli anni ’80, hanno fatto seguito la realizzazione di percorsi turistici, scolastici e speleologici nelle Grotte di Pertosa, numerose iniziative culturali a Teggiano, nonché attività agrituristiche e manifestazioni legate alla scoperta del territorio e dei suoi aspetti naturalistici. 
Il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano insieme alla Certosa di San Lorenzo e al centro storico di Teggiano sono infine stati giustamente riconosciuti tra i beni considerati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.