Il sacrificio del capriolo nella grotta di Sassano

Costruendo un edificio sul versante meridionale del Cozzo dell’Uovo, nel comune di Sassano, è stata scoperta una grotta, chiamata del Pino, con tracce di frequentazione umana che vanno dalla fine dell’Età del Rame sino al Bronzo medio (ovvero dal XXIV al XV secolo a.C.), quando ne venne ostruito l’accesso per quasi tre millenni con una colmata di detriti. 
Rimosse le pietre, gli archeologi si sono trovati di fronte ad un accumulo di frammenti ceramici e di resti umani, sopra ai quali era posto lo scheletro di un giovane capriolo.

Si tratta di una complessa pratica funeraria, che ha visto il rimaneggiamento di sepolture preesistenti, indicato dalla mancanza di connessione anatomica dei resti umani e dalla disposizione caotica dei frammenti di ceramica (da cui è stato tuttavia possibile ricomporre diversi recipienti).
Nella zona più interna della grotta, in una nicchia difficilmente raggiungibile, è stata inoltre rinvenuta l’unica sepoltura in giacitura primaria, quindi non toccata, e costituita da uno scheletro ripiegato sul fianco sinistro, affiancato da un capretto, secondo una pratica funeraria simile a quella individuata nella non lontana Grotta di Varlacarla a Monte S. Giacomo.
Le indagini archeologiche non sono ancora state concluse, ma si sta già pensando ad una possibile musealizzazione di questo eccezionale sito archeologico, trasformando l’edificio costruito al di sopra della grotta in un museo, in cui esporre i materiali e riproporre ricostruzioni virtuali, nonché consentire l’accesso alla grotta.