Monte San Giacomo

Tappa successiva dell’itinerario è Monte San Giacomo, a cui si arriva riprendendo la SS 19 in direzione sud; superata Sala Consilina, al bivio in località Trinità, si giri a destra verso Silla di Sassano e da qui si seguano le indicazioni per il paese
L’origine del paese è avvolta nella leggenda; secondo la tradizione locale la fondazione sarebbe dovuta ad un gruppo di fedeli, votati al culto di S. Giacomo di Compostela e provenienti dal Monte Gargano, dove si trova il celebre Santuario di S. Michele, tappa del pellegrinaggio che da Gerusalemme andava a Santiago. In realtà l’unico dato certo su questa cittadina è costituito dal legame esistente nel Medioevo con la fiorente Diano (odierna Teggiano), a cui fu soggetta insieme ad altri quattro casali. 
La visita può iniziare dalla bella fontana  in pietra di Padula e adorna con tre mascheroni - che si trova accanto alla chiesa madre dedicata a S. Giacomo.
L’iscrizione ricorda che fu fatta costruire nel 1593 per monumentalizzare l’antica fonte d’acqua sorgiva, dall’Universitas Civium, ovvero da tutti i cittadini, ai tempi di don Giovanni Battista Caracciolo, figlio della marchesa di Brienza, che proprio in quell’anno si era impadronita dello Stato di Diano.
Dalla parte opposta della strada si trova Palazzo Marone , un’antica dimora nobiliare ristrutturata nell’Ottocento, che il Comune, avendone acquisito la proprietà, sta cercando di proporre come polo culturale del paese. Al suo interno sono ospitati un centro di informazione turistica, un’ampia sala dove si tengono convegni e spettacoli, ed un’area espositiva che ospita provvisoriamente i materiali rinvenuti nello scavo archeologico delle grotte di Varlacarla e Vallicelli. I Marone, proprietari originari del palazzo, furono una delle più importanti famiglie di Monte San Giacomo, che giocarono nel corso dei secoli un ruolo chiave nella storia del paese, lottando per l’indipendenza dalla dominazione straniera e per l’Unità d’Italia.
Di fronte al palazzo, la Chiesa di S. Giacomo, ricostruita nel XX secolo sul modello di quella preesistente del XVI, raccoglie il piccolo patrimonio artistico del paese.

Degni di nota sono: un crocifisso ligneo del XVII secolo, una scultura policroma raffigurante S. Giacomo e generalmente attribuita a Giacomo Colombo; un dipinto tardomanierista raffigurante “l’Adorazione dei pastori”; una statua di Madonna con bambino, che potrebbe celare, sotto i rimaneggiamenti più tardi, un’opera di XV secolo. Passeggiando per il paese e scorgendo sopra alcune botteghe le insegne dipinte su placche o sui muri all’inizio del secolo scorso, oppure imbattendosi nelle vecchiette che sull’uscio di casa lavorano ai ferri o preparano in enormi pentoloni la salsa di pomodoro, si ha l’impressione che qui il tempo rallenti, per scorrere gradualmente lontano dalla frenesia moderna.

Monte San Giacomo è in effetti un’ottima opportunità per chi voglia fare una vacanza tranquilla e stare a contatto con la natura, camminando in mezzo ai boschi o - per i più allenati - arrampicandosi sulle pareti attrezzate del Monte Difesa.

Lasciato il paese, l’itinerario prosegue proprio in mezzo alla natura e giunge a Vallicelli, una piccola valle a 1200 metri di altezza, presso le pendici del Monte Cervati. Dalla piazza principale si prenda via Avenida do Brasil dirigendosi verso la Chiesa montana di S. Maria dei Cerri.
Se la cappella è chiusa, si potrà traguardare dal foro presente in facciata il simulacro della Madonna Protettrice dei Boschi.
La prima domenica dopo la Pentecoste si tiene una suggestiva processione in suo onore con un percorso di 4 km attraverso boschi ed altopiani.

Ritornando all’incrocio poco prima della chiesa e riprendendo la strada principale, si attraversa uno stretto altopiano ed oltrepassata la Masseria Rezzo si lambisce l’Inghiottitoio di Varlacarla 5 ai pedi della Tempa di Tornicelle. Superato il pianoro, la strada diviene sterrata ma ancora percorribile in macchina ed arriva in località Vallicelli 6, dove si trova la grotta omonima. Recenti indagini archeologiche hanno rilevato la presenza dell’uomo in età preistorica in entrambe le grotte menzionate. Nell’inghiottitoio di Varlacarla, noto anche come grotta Merola, oltre a numerosi frammenti ceramici, a tracce di focolare e ad ossa di animali domestici, furono rinvenuti, in un piccolo anfratto secondario destinato a grotticella funeraria, resti umani attribuibili a due individui, privi di corredo e posti accanto ad un capretto. Il contesto, ascrivibile al Bronzo antico e medio secolo), trova una precisa corrispondenza con la vicina Grotta del Pino, a Sassano.

Lo stesso rituale, caratterizzato dal sacrificio di un capretto, e la vicinanza delle due grotte sembrano sottolineare l’appartenenza degli individui inumati al medesimo gruppo sociale. La traccia di fuochi e resti di animali congiunta al rinvenimento presso l’imboccatura della sala principale di due pilastri stalagmitici di più di un metro di altezza, ricoperti da segni paralleli finemente incisi, fa ritenere che l’anfratto fosse utilizzato anche per lo svolgimento di pratiche rituali. Vallicelli, in dialetto Varricieddi, prende il nome dai rigagnoli che scendendo dalla montagna confluiscono in un affondatoio vicino alla grotta omonima. In quest’ultima cavità gli archeologi hanno trovato tracce della presenza dell’uomo risalenti al Paleolitico medio, ben 40.000 anni fa!

La presenza all’interno della grotta di schegge e scarti di lavorazione, unita a numerosi manufatti litici, indica che i Neandertaliani la usavano per preparare i loro strumenti, approvvigionandosi della materia prima (selce, diaspro e quarzite) sul Monte Cervati a loro ben noto. Abbandonata nel Paleolitico Superiore a causa dell’inasprimento climatico, fu nuovamente frequentata a partire dal Mesolitico e sino all’età del Bronzo, come riparo da parte di una popolazione nomade che viveva principalmente di allevamento.
Queste due cavità, oggi non accessibili, sono state inserite in un progetto di valorizzazione e divulgazione al pubblico, che sarà realizzato nei prossimi anni. Obiettivo è creare, sul modello di esperienze fatte nel nord Europa, un archeodromo, ovvero un itinerario storico, archeologico e naturalistico che faccia comprendere i due siti preistorici, attraverso la visita alle grotte e ad un vicino museo che accoglierà i materiali archeologici rinvenuti (per ora ospitati nel Palazzo Marone) oltre a ricostruzioni multimediali e ad un laboratorio di archeologia sperimentale.